21 aprile 2024 - IV Domenica di Pasqua

Omelie festive

Giovanni 10, 27-30


1. “Le mie pecore ascoltano la mia voce”

È bello il termine che Gesù sceglie: la voce.
Prima ancora delle cose dette conta la voce, che è il canto dell'essere.
Riconoscere una voce vuol dire intimità, frequentazione,
racconta di una persona che già abita dentro di te,
desiderata come l'amata del Cantico: la tua voce fammi sentire.
Prima delle tue parole, tu.

2. “Ascoltano la mia voce e mi seguono”

Non dice: mi obbediscono. Seguire è molto di più:
significa percorrere la stessa strada di Gesù,
uscire dal labirinto del non senso,
vivere non come esecutori di ordini, ma come scopritori di strade.
Vuol dire: solitudine impossibile, fine dell'immobilismo,
camminare per nuovi orizzonti, nuove terre, nuovi pensieri.
Chiamati, noi e tutta la Chiesa, ad allenarci alla sorpresa e alla meraviglia
per cogliere la voce di Dio, che è già più avanti, più in là.
E perché ascoltare la sua voce?
Risponde Gesù: perché io do loro la vita eterna.
Allora ascolterò la sua voce perché, come una madre, Lui mi fa vivere,
la voce di Dio è pane per me. Così come «la voce degli uomini è pane per Dio».
Per una volta almeno, fermiamo tutta la nostra attenzione su quanto Gesù fa per noi.
Lo facciamo così poco. I maestri di quaggiù sono lì a ricordarci
doveri, obblighi, comandamenti, stimolandoci all'impegno, allo sforzo, all'ubbidienza.
Così molti cristiani rischiano di scoraggiarsi perché non ce la fanno.
Allora è bene, è salute dell'anima, respirare la forza che nasce da queste parole di Gesù:
io do loro la vita eterna. Vita eterna vuol dire:
vita autentica, …per sempre, ...di Dio, ...a prescindere.
Prima che io dica sì, Lui ha già seminato in me germi di pace,
semi di luce che iniziano a germinare,
a guidare i disorientati nella vita verso il paese della vita.

3. “Nessuno le strapperà dalla mia mano”

La vita eterna è un posto fra le mani di Dio.
Siamo passeri che hanno il nido nelle sue mani. E nella sua voce.
Siamo bambini che si aggrappano forte a quella mano che non ci lascerà cadere.
Come innamorati cerchiamo quella mano che scalda la solitudine.
Come crocefissi ripetiamo: nelle tue mani affido la mia vita.
Dalla certezza che il mio nome è scritto sul palmo della sua mano,
dice il profeta, con una immagine dolce,
come di ragazzi che si scrivono sulla mano
le cose importanti, da non dimenticare all'esame;
da questa vigorosa certezza, da non svendere mai,
che per Dio io sono indimenticabile,
che niente e nessuno mai mi potrà separare e strappare via,
prende avvio la mia strada nella vita:
essere anch'io, per quanti sono affidati al mio amore e alla mia amicizia,
cuore da cui non si strappa, mano da cui non si rapisce. 
 

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